23 luglio 2012

Frontiera



Sono stati anni difficili. Ho perso mio padre, mio figlio è diventato grande e io mi sono sentita inadeguata. Come quando hai le scarpe troppo grandi o i jeans troppo stretti che va bene lasciarli mezzi aperti fino ad un certo punto. Quel punto che ti rende normalizzata in quella specie di visione dove resti a tappezzare un quadro che prima o poi speri che qualcuno completerà.

Spesso infatti è come quando guardano un tuo profilo, come se poi dovessero stilare un identikit. Giusto per parlare male e ricordarti quei difetti che nessuno amerà di te ma che a te piacciono tanto perchè ti rendono diversa così come vuoi essere per assomigliare solo e sempre più a te stessa.

Altri ti confonderanno in mezzo a mille altri occhi, nasi, bocche. Sarai una che è un miscuglio di idee e di ricordi ma se non lo sai sei mezza salva. Meglio non sapere tutto, l'ho capito quando incontravo quei qualcuno che dicevano di cercare un altro amore ma intanto parlavano di tutti quelli che avevano avuto tranne che di se stessi.

Sono pochi quelli che hanno il coraggio di guardare veramente in se stessi che è lo stesso coraggio di guardare veramente negli altri, come quando si apre veramente un libro e si legge qualche riga per capire. Alcuni approfondiranno il capitolo ma solo pochi lettori arriveranno a leggere tutto, prefazione e sommario compresi. E poi sogneranno su quelle parole, le rileggeranno e scriveranno qualche frase su un biglietto di auguri di natale o forse per un anniversario importante.

Sono stati anni difficili. Ho perso mio padre e mio figlio è cresciuto con quella fretta che hanno tutti gli uomini quando arrivano alla soglia di quella falsa indipendenza che non fa che legarti a luoghi comuni e dati di fatto. Passerai l'altra metà della vita a cercare di capire cosa ti fa sentire infelice e se sarai abbastanza fortunato, arriveranno anni in cui ti slegherai e potrai dire: sono stati anni difficili, ma ce l'ho fatta.

Scalza

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